Und Mädchen stehlen?

Il Ratto dal Serraglio di Wolfgang Amadeus Mozart
Teatro alla Scala, 15 maggio 1972,
regia di Giorgio Strehler
Foto di scena di Erio Piccagliani
the night Ape Sex came home to play
Celebriamo le feste. Festeggiamo chi ci ama, le stagioni, le lune. Ciascuno ritroverà la certezza che quaggiù c'è posto per lui. Forse è questo, l'essenziale. La festa crea un ordine solenne in cui ciascuno è confermato, nel proprio ruolo, nel proprio posto rispetto al tutto. E' questo, credo, ciò che manca agli uomini del nostro tempo: la certezza di avere il proprio posto nella festa esuberante e tragica del mondo e della storia. Ancor più dell'uguaglianza, è di questa sicurezza che gli uomini hanno bisogno. Senza, prendono a mettere in dubbio il senso della vita, e vivere nell'immensità senza forma è insopportabile. Perché tutto, nell'assenza di senso, si dissolve. E' il regno della grande noia dell'uomo, è il contrario della festa.
Jeanne Hersch
Se la persona cui dono qualcosa ne è consapevole e mostra quindi la sua riconoscenza dicendomi ad esempio: "ho ricevuto questo da parte tua, grazie", questa semplice gratitudine e questa presa di coscienza mettono in moto un circolo economico e un gesto di restituzione che, come tali, distruggono il dono. Detto in altri termini, e venendo subito alla radice del problema: basta che il dono appaia come tale a chi lo riceve o a chi lo fa perché scompaia. Per essere conforme alla sua essenza, il dono deve sfuggire all'economia, deve sfuggire al 'grazie', alla ricompensa, al mercato. Fa parte dunque del senso del dono il fatto di non apparire mai come tale. E si associano così due requisiti contrastanti. Uno segna la necessità della fenomenologia, l'altro la sua impossibilità. Lo stesso vale, mutatis mutandis, anche per il perdono. Se penso all'idea del perdono così come l'abbiamo ereditata dalla nostra cultura giudaico-cristiano-islamica, il perdono dev'essere una pura grazia. Dev'essere libero e offerto in maniera incondizionata. Per perdonare bisogna innanzitutto che il perdono non sia richiesto, che nessuna parola lo prenda in consegna, lo esprima, lo dica, lo raccolga. Il perdono dev'essere silenzioso, invisibile, discreto. Deve sfuggire al linguaggio e alla fenomenologia, e non deve neppure avere un senso. Se avesse un senso potremmo capire come si orienta e come appare a una coscienza. Ma tanto il dono quanto il perdono, dal momento in cui si danno nell'esistenza, spariscono. Abbiamo dunque in una stessa esperienza - intendendo questa nel suo senso più ampio - insieme una possibilità e un'impossibilità.